Consultori Familiari: quale ruolo in una società che cambia?
Storia, evoluzione, funzionamento dei Consultori familiari sono stati al centro del dibattito che si è tenuto il 21 giugno 2024. Un confronto intergenerazionale e interculturale molto interessante e importante, da cui sono emerse proposte, indicazioni per rilanciare, potenziare il sevizio adeguandolo ai bisogni di una società complessa sotto il profilo demografico, sociale, culturale, nonché aperta e dinamica.
I lavori sono stati introdotti da Lisetta Bidoni con il doveroso richiamo agli anni '70, un decennio caratterizzato dall’approvazione di leggi che hanno modificato il volto del paese, ampliando gli spazi delle libertà individuali, dei diritti umani, sociali e civili, sancendo il diritto all’autodeterminazione delle donne in famiglia, in politica, nella società e nel mondo del lavoro. Tra le tante, ha ricordato:
- legge Baslini-Fortuna n. 898/1970, che introduce il divorzio nell’ordinamento giuridico italiano;
- legge n. 1024/1971, che tutela le lavoratrici madri;
- legge n. 1044/1971, istitutiva degli asilo nido;
- legge riforma del diritto di famiglia n. 151/1975, che riconosce la parità di diritti all’interno nella coppia;
- legge n. 903/1977, parità di trattamento uomo - donna in materia di lavoro;
- legge n. 194/1978, "Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza".
In questo panorama va collocata anche la legge n. 405 del 1975 istituiva dei Consultori familiari (recepita dalla Regione Sardegna con la legge n. 8 dell’8 marzo 1979), frutto delle rivendicazioni e delle lotte delle donne ed in particolare dei movimenti femministi, che riuscirono a portare all'attenzione dell'opinione pubblica, della politica e del mondo scientifico e sanitario il punto di vista femminile “a tutela della salute della donna, del bambino, della coppia e famiglia”.
Rosa Maria Caliandro ha richiamato le straordinarie conquiste degli anni '70 ed in particolare la legge n. 39/1975 (maggiore età a 18 anni), la legge n. 833/1977 (istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale), la legge Basaglia n. 180/1978 (chiusura dei manicomi). Ha quindi proseguito con l’analitica illustrazione del legge n. 405/1975 evidenziando in particolare le funzione attribuite nel corso degli anni ai consultori familiari al fine di rispondere ai cambiamenti culturali e ai nuovi bisogni delle persone: l’assistenza psicologica e sociale per la preparazione alla maternità e alla paternità responsabile e per i problemi della coppia e della famiglia; la contraccezione consapevole; l'informazione e l'assistenza riguardo ai problemi della sterilità e della infertilità umana, nonché alle tecniche di procreazione medicalmente assistita; l'informazione sulle procedure per l'adozione e l'affidamento familiare; la prevenzione e la diagnosi precoce dei tumori femminili; l’assistenza nell’interruzione volontaria di gravidanza; le Linee di indirizzo del 12 agosto 2020 sulla interruzione volontaria di gravidanza con mifepristone e prostaglandine; l’assistenza agli adolescenti nel loro percorso di crescita e l’assistenza psicologica nelle problematiche legate all’età; la consulenza e il supporto in menopausa; la tutela delle donne immigrate e dei loro bambini; la tutela delle donne nell’ambito della violenza di genere.
Infine ha portato all’attenzione gli esiti di una indagine conoscitiva relativa al biennio 2018-2019 - Rapporto ISTISAN - effettuata dall’Istituto Superiore della Sanità su incarico del Ministero della salute, al fine di valutare in modo oggettivo l’attuale identità dei Consultori Familiari nei vari contesti regionali per evidenziarne i limiti e le criticità per una evoluzione futura (indagine CF-ISS 2018 - Consultori Familiari: le sintesi regionali sui risultati dell’indagine nazionale del 2018-2019).
A conclusione del suo intervento, ha richiamato con forza i rischi che potrebbero derivare alla libertà delle donne dalla presenza nei consultori delle associazioni pro vita come disposto dal recente decreto PNRR-quater.
Cristina Carrus ha condiviso impressioni e dati di realtà derivati dalla sua personale esperienza di donna e di docente di scuola secondaria di secondo grado, precisando che negli anni novanta i consultori venivano riconosciuti dai e dalle giovani come luoghi cui si poteva accedere gratuitamente, trovare assistenza psicologica e sociale, informazioni e assistenza sulla contraccezione, sulla interruzione di gravidanza, sulla prevenzione e diagnosi precoce dei tumori femminili, citando anche situazioni importanti e concrete che hanno dato alle donne la possibilità di trovare riposte adeguate ai propri bisogni. A partire dagli anni 2000, qualcosa è progressivamente cambiato, il Consultorio non è stato più punto di riferimento per la generazione dei Millennials, che sempre più spesso preferisce rivolgersi al privato. Partendo da queste considerazioni, ha evidenziato la necessità di interventi presso l’ASL affinché il servizio venga ulteriormente potenziato e ampliato e perché venga avviata una campagna informativa capillare nelle scuole, nel territorio e nei luoghi di aggregazione sulle funzioni del Consultorio familiare e dei servizi che vengono erogati.
Syrga Abdullaeva, da 5 anni in Sardegna proveniente dal Kirghizistan, ha sviluppato una interessante riflessione sulla necessità della presenza di mediatrici e mediatori culturali all’interno dei Consultori Familiari e in tutte le strutture socio-sanitarie. Figure necessarie per accogliere le persone migranti, facilitare l’incontro e il dialogo tra persone che fanno riferimento a sistemi culturali, religiosi, identitari diversi. Il servizio di mediazione facilita la comunicazione tra migrante e équipe sociosanitaria, nel rispetto delle culture e delle tradizioni di riferimento. A tale proposito riferisce di alcune situazione molto delicate, nel corso delle quali si è trovata casualmente ad agire da mediatrice linguistica e culturale consentendo uno scambio comunicativo e culturale corretto tra personale sanitario e utente straniero bisognoso di cure. Esperienze che hanno evidenziato la rilevanza dell’istituto della mediazione per favorire la comprensione interculturale e l’ inclusione sociale. Un ponte tra sistemi culturali che dialogano e si confrontano fornendo servizi essenziali.
La giovane Simona Sulas ha evidenziato che il Consultorio familiare non rappresenta per la cosiddetta generazione Z un punto di riferimento, la maggior parte non ne conosce la mission, l’organizzazione e il funzionamento, così come ignora il fatto che il servizio sia totalmente gratuito. A suo parere ciò è dovuto ad una idea di Consultorio legata alle questioni relative alla contraccezione e alla interruzione della gravidanza, temi su cui oggi possono trovare risposta all’interno del nucleo familiari e presso il/la ginecologa di fiducia, sebbene riconosca che tale fortunata condizione è ascrivibile alle classi sociali più abbienti. A suo parere è necessario rilanciare il Consultorio con una adeguata campagna informativa, anche attraverso la scuole, che permetta alle giovani generazioni di conoscere una struttura psico-socio-sanitaria di prossimità in grado di offrire gratuitamente servizi molteplici e funzionali ai loro bisogni.
Luana Seddone ha portato la sua pluriennale esperienza di docente di scuola secondaria di secondo grado, proponendo un percorso di collaborazione tra scuola e consultorio, concreto e funzionale ai bisogni di informazione e conoscenza delle alunne e degli alunni. “Nel riconoscere la forte valenza dei servizi offerti dal Consultorio Familiare alla quale si accompagna la necessità, da parte dei ragazzi, di punti di riferimento riconoscibili e che non siano intesi come legati a disagio o sofferenza ma come conoscenza, crescita e informazione, sarebbe opportuna una disseminazione come processo naturale di trasposizione di interventi su tutto il territorio. Si propone un processo “intersettoriale”, attraverso una stabile alleanza con il mondo della scuola, per favorire l’adozione di corretti stili di vita secondo l’approccio di “salute in tutte le politiche” con il coinvolgimento attivo dei giovani. Questi servizi dovranno essere declinati in modo friendly e compatibili con l’uso che i giovani fanno delle nuove tecnologie comunicative digitali con consulenze, anche online su tematiche e problematiche giovanili. Nello specifico, le aree di intervento potrebbero essere : promozione di corretti stili di vita, la prevenzione delle dipendenze da sostanze d'abuso e delle dipendenze comportamentali, la promozione di una corretta relazione di genere, attraverso interventi sulle tematiche esame e revisione della normativa di settore, con particolare riguardo alla razionalizzazione e semplificazione delle procedure di accertamento sia della disabilità che dei disturbi evolutivi specifici, al fine di una più efficace e razionale modalità di intervento oltre che di una ottimizzazione dei costi; sviluppare le abilità emozionali quali l'autoconsapevolezza, la capacità di identificare, esprimere e controllare i sentimenti, la capacità di frenare gli impulsi e rimandare la gratificazione, la capacità di controllare la tensione e l'ansia. Prevedere momenti in cui bambini e ragazzi possono condividere emozioni e stati d’animo che creino rispetto e fiducia nell’altro per conoscere e valorizzare le differenze. Educare all’affettività per educare alle differenze di genere in cui si intersecano elementi biologici (i corpi sono differenti), psicologici (le identità, le personalità), culturali e storici (la peculiare declinazione di femminilità e mascolinità che ciascuno apprende e la sua evoluzione nel tempo).
Dunque attivare programmi di formazione su tematiche specifiche, nell’ambito degli obiettivi prioritari individuati, e definizione di “pacchetti formativi” con contenuti comuni e differenziati per le diverse professionalità coinvolte, rivolti ad operatori sanitari, al personale della scuola, agli studenti ed alle famiglie con la promozione e lo sviluppo di iniziative condivise di comunicazione istituzionale.
Sono seguite diversi interventi, molto interessanti da parte di alcune protagoniste dei movimenti femministi nuoresi degli anni '70, che hanno ricordato le lotte per rivendicare i diritti delle donne alle pari opportunità, all’autodeterminazione, alla maternità consapevole e alle libere scelte. Hanno anche ricordato che a Nuoro il primo Consultorio è stato aperto a metà degli anni '70 in Via Tola ad opera dei movimenti femministi, che si sono autofinanziati e che a lungo hanno garantito la gestione e l’erogazione di consulenze e servizi. Solo a fine anni settanta è stato Istituito il Consultorio familiare pubblico con sede in Viale Trieste, successivamente trasferito in Via Lamarmora e dal novembre del 2023 nella Casa di Comunità di via Demurtas.
Conclusioni
Il consultorio familiare, istituito nel 1975 per dare risposta alle esigenze delle giovani donne e dei movimenti femministi che rivendicavano libertà di scelta e di autodeterminazione, oggi, in una società che evolve, i diritti (umani) dei soggetti LGBTQ, delle coppie e dei figli di coppie omogenitoriali necessitano servizi e risposte (anche legislative) adeguate. Così come sono necessarie robusti interventi per prevenire contrastare violenza di genere, "revenge porn" e varie altre forme di violenza sessuale digitale. E i consultori familiari, servizi sociosanitari di prossimità multidisciplinari, gratuiti e diffusi nel territorio, potrebbero svolgere in modo adeguato tali ruoli.
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