Per una sanità pubblica, accessibile, equa e di qualità. L'intervento di Renato Pischedda al sit-in del 14 ottobre

Come associazione che si preoccupa dei nostri migranti sanitari, vogliamo capire prima di tutto cosa intendono fare i nostri politici. In 30 anni, sembrano aver distrutto ciò che era una fonte di orgoglio a livello mondiale: la nostra sanità. Non solo stiamo assistendo alla migrazione dei nostri pazienti, ma stiamo perdendo anche medici eccellenti che erano stati formati nelle nostre migliori università. Questi medici stanno scappando perché investire nella sanità sembra ormai un'utopia. E cosa fa il nostro governo? Continua a tagliare. 

Vorrei porre una domanda a coloro che attualmente gestiscono la nostra sanità regionale: sapete quanti pazienti state costringendo ad andare altrove per ricevere cure? Conoscete i numeri? Quest'anno sono più di 20.000, e ogni anno sono sempre di più. Il problema principale non riguarda solo i pazienti costretti a cercare cure altrove perché mancano addirittura le cure di base qui, ma riguarda anche coloro che hanno perso fiducia nella nostra sanità regionale. La colpa non è dei nostri medici e degli operatori sanitari, ma di una gestione incapace che non ha capito che spremere i nostri professionisti sanitari ricade interamente sugli utenti, che non riescono a far fronte al carico di lavoro. 

Siamo stanchi di assistere ai soliti giochi politici, dove per 4 anni e mezzo si distrugge e negli ultimi 6 mesi si distribuiscono promesse elettorali. La gente non tollera più queste tattiche. Basta con il manto stradale nuovo prima delle elezioni, la gente non si fa più ingannare, perché oggi ricorda quanto accade ogni volta che entra in un ospedale. 

La migrazione sanitaria, al giorno d'oggi, coinvolge più di un milione di persone in Italia. È importante notare che più della metà di queste persone si rivolge al settore privato non per scelta, ma per costrizione e su indicazione della nostra sanità pubblica. Questo è vergognoso, poiché spoglia le risorse dei contribuenti che in larga parte credono in una sanità accessibile e soprattutto pubblica. 

Cari politici, avete mai provato a dire a un anziano che non ha mai lasciato il suo paese di origine che deve viaggiare all'estero per ricevere cure? Significa condannarlo a morte, perché spesso non sa nemmeno come organizzare un viaggio, figuriamoci affrontare le spese di vitto, alloggio e viaggio con una pensione di 500 euro. Continuo a sostenere che state condannando queste persone a morte. 

Inoltre, la legge regionale 26 del 1991, che dovrebbe tutelare e rimborsare le spese di viaggio fuori regione, viene interpretata in modo arbitrario da molte ASL, spesso in modo illegittimo. La legge è una e tutti dovrebbero rispettarla. Ad esempio, l'Ufficio Ricoveri Fuori Regione di Cagliari richiede ricevute per il pernottamento, quando la legge prevede un rimborso forfettario per le spese di alloggio. La legge parla di uno specialista di qualsiasi struttura, ma molte ASL richiedono un certificato da uno specialista della struttura pubblica regionale. Questo impedisce a pazienti con malattie rare non riconosciute nel nostro sistema di essere rimborsati, un'altra vergogna. 

Abbiamo utenti che, dopo sei mesi dal loro ritorno, stanno ancora aspettando il rimborso delle spese cui hanno dovuto fare fronte. In breve, non possono chiedere un prestito perché non sanno nemmeno quando potranno restituirlo. 

Concludo dicendo che stiamo arrivando al punto in cui non ci permettono di curarci né qui né altrove. Se sei un amico del sistema, sei fortunato, ma se sei un cittadino comune o povero bisogna sottostare al sistema, infatti è per questo che 20 persone su 100 rinuncia alle cure. Insomma l'articolo 32 della Costituzione è diventato solo un numero, proprio come lo siamo diventati tutti noi.

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