Restiamo umani, salviamo la vita di Alfredo Cospito.
Oggetto: Ordine del giorno - Restiamo umani, salviamo la vita di Alfredo Cospito
PREMESSO
- che Alfredo Cospito, anarchico detenuto all’interno della Casa Circondariale di Bancali, a Sassari, ha intrapreso dal 20 ottobre lo sciopero della fame per denunciare le condizioni cui si trova costretto dal regime di 41-bis, al quale è sottoposto dall’aprile 2022, nonché per protestare contro l’ergastolo ostativo, e che le sue condizioni diventano di giorno in giorno più allarmanti e che è in grave pericolo di vita;
- che Alfredo Cospito nel settembre 2012 veniva tratto in arresto per il ferimento dell’ingegnere Roberto Adinolfi, responsabile di Ansaldo nucleare e veniva condannato ad una pena di anni 9 e mesi 6 di reclusione;
- che nel settembre 2016 lo stesso, unitamente a numerosi altri anarchici, veniva sottoposto ad ulteriore misura cautelare nell’ambito di un’inchiesta denominata “Scripta Manent” all’esito della quale veniva condannato ad anni 20 di reclusione in relazione ad alcuni attentati avvenuti nell’anno 2006 ( due ordigni a basso potenziale, contenenti 500 grammi di polvere pirica, esplosi in orario notturno di fronte alla Scuola Allievi Carabinieri di Fossano senza causare né morti né feriti);
- che Alfredo Cospito, diversamente da quanto avvenuto per il ferimento dell’amministratore delegato di Ansaldo nucleare, ha sempre negato la propria partecipazione a tale attentato e i difensori hanno contestato in ogni sede giudiziaria gli elementi indiziari utilizzati per affermarne la responsabilità;
- che il provvedimento ministeriale di sottoposizione al 41 bis O.P., emesso il 4 maggio 2022, è stato confermato dal Tribunale di Sorveglianza di Roma (unico Tribunale ad occuparsi della verifica giurisdizionale di tali provvedimenti) che il 19 dicembre ha depositato le motivazioni inerenti il rigetto del reclamo. Attualmente è pendente il ricorso in Cassazione ma i tempi per la fissazione della relativa udienza mal si conciliano con il precipitare delle condizioni fisiche del detenuto;
VISTO
- gli appelli da parte di eminenti giuristi, esponenti del mondo accademico e culturale nonché da parte di politici e amministratori locali affinché lo stesso non venga lasciato morire;
- le migliaia di adesioni dalla società civile all’appello “FUORI ALFREDO DAL 41 BIS” e le centinaia di iniziative di solidarietà che si stanno svolgendo in tantissime città, compreso nella città di Nuoro il 5 gennaio u.s. presso l’associazione IBIS che ha visto la partecipazione di circa 100 persone;
CONSIDERATO
- che nel 1992 è entrato in vigore, a seguito della strage di Capaci, per la durata di tre anni il secondo comma dell’art. 41 bis O.P. che consentiva al Ministro della Giustizia di sospendere per gravi motivi di ordine e sicurezza pubblica le regole di trattamento ordinario nei confronti dei detenuti facenti parti delle organizzazioni mafiose. Si trattava di una norma a termine (tre anni) finalizzata a fronteggiare una situazione di emergenza, ma prorogata più volte nonostante fosse venuta meno l’emergenza che ne aveva giustificato l’iniziale introduzione;
- che nel 2002, con la legge 279, veniva allargata l’applicabilità del regime di carcere duro anche ai detenuti e ai condannati per reati con finalità di “terrorismo ed eversione” (a seguito degli attentati alla vita del Prof. D’Antona nel 1999 e del Prof. Marco Biagi nel 2002 da parte di un gruppo delle cd nuove brigate rosse);
- che sono venute meno le situazioni che a suo tempo avevano giustificato l’applicazione del 41 bis nei confronti di soggetti appartenenti a organizzazioni mafiose o terroristiche e che da anni la situazione è profondamente mutata: da quasi trent’anni non c’è una guerra di mafia contro lo Stato, da almeno venti anni non ci sono organizzazioni che praticano la lotta armata né esistono altri particolari allarmi sul piano della sicurezza interna;
- che dal maggio 2022 Alfredo Cospito è sottoposto al 41 bis, regime del cosiddetto “carcere duro”, che annulla totalmente i rapporti affettivi, che non consente di stringere la mano ai propri familiari, di scambiarsi una carezza, in cui anche gli sguardi sono filtrati da un doppio vetro e le voci distorte dall’interfono, che le ore d’aria sono ridotte a due, interamente trascorse in un cubicolo di cemento di pochi metri quadrati, sormontato da una rete metallica; che la “socialità” ( che si svolge in una piccola saletta) è limitata a un’ora al giorno; che il detenuto non ha inoltre accesso alla biblioteca di istituto, che fruisce di un unico colloquio visivo mensile (con il vetro) e nessuna telefonata; che non può detenere nella propria cella nemmeno le fotografie dei propri congiunti; che non può ricevere libri dall’esterno; che i giornali gli vengono consegnati ritagliati in quanto è sempre l’amministrazione a decidere cosa può o non può leggere;
- che il predetto regime, nato per impedire i collegamenti tra il detenuto e l’associazione criminale di appartenenza, nel caso specifico, è inteso a perseguire la finalità di interrompere e impedire ad Alfredo Cospito di continuare a esternare il proprio pensiero politico, attività, tra l’altro, dallo stesso svolta pubblicamente; pertanto, né occulta né segreta; destinata non agli associati, bensì ai soggetti gravitanti nella sua area politica di appartenenza;
- che il regime 41 bis nega le regole del trattamento penitenziario ordinario e con esso i principi costituzionali di rieducazione, di legalità ed umanità della pena;
IMPEGNA IL SINDACO E LA GIUNTA COMUNALE
AD ASSUMERE LE OPPORTUNE INIZIATIVE
- affinché il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, in persona del Ministro della Giustizia, ed il Governo, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottino ogni misura, anche “ad personam”, per tutelare la vita e la salute del detenuto Alfredo Cospito non potendosi attendere la conclusione dell’iter giurisdizionale, i cui tempi potrebbero essere incompatibili con la tutela costituzionale di detti beni primari;
- affinché venga istituita presso gli anzidetti organi istituzionali una commissione di inchiesta formata da figure professionali non solo in ambito giuridico ma anche sanitario e psico-sociale che indaghi sull’impatto e le conseguenze che tale trattamento ha provocato o provoca in chi vi è sottoposto;
- affinché venga sollecitata una seria ed approfondita discussione in sede parlamentare in ordine a tale modalità di esecuzione della pena che confligge profondamente con i principi costituzionali.
Nuoro, 13 gennaio 2023
Lisetta Bidoni
Commenti
Posta un commento