Con le donne e le persone Lgbtqia+ afgane: documento del Coordinamento Intersezionale Sardegna
Coordinamento Intersezionale Sardegna
CON LE DONNE E LE PERSONE LGBTQIA+ AFGANE
Il Coordinamento Intersezionale Sardegna guarda con grande attenzione e preoccupazione alla tragedia che si sta consumando in Afghanistan, e soprattutto alle donne e alle persone LGBTIQA+. Il ritorno alla Sharia, nella sua applicazione più integralista, ci fa temere per il loro futuro. Ricordiamo che in Afghanistan esiste la pena di morte per le persone dello stesso genere che intrecciano relazioni, che il regime dei talebani vorrebbe riportare le donne afgane indietro nella storia: divieto di uscire senza un uomo della famiglia, di scegliersi un lavoro, di indossare o meno il burqa, di andare a scuola nelle classi miste, che esiste il rischio concreto di essere date in moglie prima dei 16 anni, di essere vittime di violenze e imposizioni, di andare, se stuprate, in prigione, di vedere gli omosessuali lapidati.
Uno scenario possibile, come d’altronde lascia intendere una dichiarazione dei Talebani, i quali affermano di voler rispettare sì i diritti delle donne, ma solo quelli previsti dalla sharia, o come si legge in un post su Instagram di Pietro Turano, portavoce di Gay Center, «Poche settimane fa il giudice talebano Gul Rahim raccontava alla testata tedesca Bild che le donne potranno uscire di casa solo con il permesso per le faccende familiari e domestiche, mentre quelle single verranno perseguitate. Gli omosessuali saranno lapidati, oppure schiacciati sotto il crollo di un muro alto tre metri».
Di fatto, l’esercizio di un “dominio patriarcale, autoritario, repressivo e violento” Una situazione di grave criticità ampiamente denunciata da diversi gruppi politici di resistenza, nei quali, fin dagli anni settanta, si sono organizzate tante donne per promuovere la propria autodeterminazione. Tra i tanti ricordiamo Rawa (Revolutionary Women of Afghanistan), un’associazione fondata dall’attivista Meena Keshwar Kamal nel 1977 come movimento femminile di resistenza all’occupazione sovietica, che da allora lotta per l’autodeterminazione e l’indipendenza delle donne afghane, che ha elaborato una visione politica autonoma (“né coi Talebani, né con gli Stati Uniti o con le altre potenze), e da sempre in prima linea per stigmatizzare e denunciare le condizioni geopolitiche dell’Afghanistan.
- «Negli ultimi 20 anni, una delle nostre richieste era di porre fine all’occupazione da parte degli USA e della NATO e ancora meglio che queste forze portassero via con sé i loro fondamentalisti islamici e i loro tecnocrati e che permettessero al nostro popolo di decidere del proprio destino. Questa occupazione ha provocato soltanto spargimenti di sangue, distruzione e caos. Le forze di occupazione hanno trasformato il nostro paese nel posto più corrotto, instabile, governato dal narcotraffico e pericoloso, soprattutto per le donne»
- il pericolo di un ritorno a un’autocrazia di matrice islamica, come dichiarato già dall’8 marzo 2021, ad un regime dei talebani senza alcuna differenza “tra la loro ideologia del 1996 e quella odierna. E ciò che dicono riguardo ai diritti delle donne è la frase esatta usata durante la loro terribile dittatura precedente: applicare la Sharia”. La nostra attenzione è rivolta alle donne e alle persone LGBTIQA+ , ai gruppi politici femminili di resistenza per ascoltare le loro voci, per sostenere e rivendicare con loro e per loro il diritto all’ autodeterminazione e all’indipendenza.
Altrettanto chiediamo al Governo Italiano, che, nel rispetto del principio di autodeterminazione, si faccia interprete della voce delle donne e delle persone LGBTIQA+ di cui riportiamo stralci del loro “manifesto”.
«Il nemico vuole intimidire, soprattutto le donne […]. Ma le donne possono rompere quest’incantesimo di paura, insorgendo contro i nemici e assediandoli col fuoco della nostra resistenza. Noi donne siamo più esposte degli uomini alla tirannia e all’oppressione dei fondamentalisti di ogni tipo e ora dobbiamo guidare la resistenza contro i Talebani e i loro alleati.
Oggi, mentre lavoriamo per la creazione di un fronte democratico contro i Talebani, ci appelliamo a tutte le forze democratiche, secolari, antifondamentaliste, a tutte le donne perseguitate, alle ragazze, agli uomini per dire che non otterremo niente piangendoci addosso. Insorgiamo e resistiamo contro i Talebani e i loro alleati, in ogni modo e a tutti i livelli, e facciamo loro assaggiare il sapore della sconfitta e della tristezza».
Si tratta semplicemente di mettere in campo ogni possibile azione affinché donne e soggettività LGBTIQA+ possano continuare il loro percorso di liberazione e autodeterminazione.
Per il Coordinamento Intersezionale Sardegna
Lisetta Bidoni - Bruna Biondo - Giovanna Casagrande - Giulia Carta - Rossella Fadda
Aderiscono:
CAMINERA NOA
Per il Coordinamento Intersezionale Sardegna
Lisetta Bidoni - Bruna Biondo - Giovanna Casagrande - Giulia Carta - Rossella Fadda
Aderiscono:
CAMINERA NOA
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