Badu 'e Carros: il Consiglio comunale si occupi delle condizioni del carcere di Nuoro
Progetto per Nuoro ha sostenuto la raccolta firme promossa dall’Associazione radicale “Diritti alla follia” per sollecitare la Regione Sardegna a nominare il/la Garante Regionale delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale, come previsto dalla Legge regionale n° 7 del 2011. Un adempimento purtroppo disatteso sino ad oggi.
L’obiettivo di raccogliere, nell’arco di trenta giorni, cento firme a sostegno della petizione da discutere in Aula è stato abbondantemente superato. La mozione sottoscritta da oltre duecento cittadine e cittadini sarà depositata il 5 giugno e illustrata nel corso di una conferenza stampa che si terrà lunedì 7 giugno, alle ore 11:30, a Cagliari in viale Buoncammino (fronte ingresso ex carcere).
Il/La Garante è una figura importante che ha il compito di tutelare e assicurare il rispetto dei diritti e della dignità delle persone adulte e minori presenti negli istituti penitenziari o ammesse a misure alternative e sostitutive della detenzione negli ospedali psichiatrici giudiziari, nei centri di identificazione ed espulsione e nelle strutture sanitarie in quanto sottoposte a trattamento sanitario obbligatorio, a favorire la loro rieducazione, e nel contempo di coordinare il lavoro dei/delle Garanti territoriali e le istanze delle case di reclusione di tutta l’Isola.
Cogliendo l’opportunità di riflessione offerta dalla petizione, la Commissione Diritti civili di Progetto per Nuoro ha incontrato diverse figure, istituzionali e non, per conoscere la Casa Circondariale Badu 'e Carros e condividere con il territorio una realtà di cui poco o niente si parla (qui il documento elaborato all'esito dei lavori della Commissione).
La struttura, nota anche come la “fortezza grigia”, dagli anni '70 campeggia alla periferia sud della città. A lungo simbolo di malessere, teatro di efferati episodi, ma anche di importanti battaglie civili, è oggi inglobata e parte del paesaggio urbano del quartiere Badu ‘e Carros, che negli ultimi anni ha conosciuto un processo di urbanizzazione molto spinto.
La Casa Circondariale, istituto di massima sicurezza con il regime di detenzione speciale cui venivano e vengono destinati detenuti particolarmente pericolosi per mafia o terrorismo, accoglie (rilevazione del 30/04/2021) circa 280 detenuti (di cui 13 stranieri), la maggior parte dei quali in regime di media e comune detenzione e un centinaio in regime di alta sicurezza. Poco niente trapela sulle condizioni i vita dei detenuti, sullo stato delle strutture e dei servizi, sulle relazioni. Di certo sappiamo che il numero di agenti non è assolutamente adeguato a gestire in sicurezza la popolazione carceraria. Le organizzazioni sindacale denunciano un organico ridotto, condizioni e turni di lavoro massacranti, aggravatesi ulteriormente con l'apertura, nella ex sezione femminile ristrutturata, di una zona speciale.
L'emergenza Covid ha contribuito a inasprire una situazione già al collasso che potrebbe essere superata con l’assunzione di 15 nuovi sottufficiali, già previsti nella pianta organica.
Son presenti e molte attive delle figure che fungono da anello di congiunzione tra la realtà carceraria e la città e che per i detenuti costituiscono una finestra sul mondo esterno. A partire dalla Garante dei detenuti nominata dal sindaco Soddu, l’avvocata Giovanna Serra, che svolge un ruolo di garanzia, di osservazione, e di dialogo tra il carcere e i detenuti, vigila sulle condizioni detentive perché i luoghi di detenzione non siano privativi di tanti altri diritti soggettivi e perché non vengano mai meno la dignità della persona e il rispetto del dettato costituzionale.
Altrettanto rilevante il ruolo dei/delle docenti che sostengono e affiancano i detenuti nei corsi di alfabetizzazione, di preparazione al diploma di istruzione secondaria di primo e secondo grado e nei percorsi universitari, offrendo loro prospettive e opportunità di crescita culturale e professionale.
Una funzione importantissima viene svolto dai/dalle volontarie che si occupano di organizzare il tempo con varie attività ludiche e che per i carcerati costituiscono una ventata di notizie dal mondo di fuori e imprescindibili scambi umani. Sono circa dieci, oltre alle sei dell’associazione “Sesta Opera”, presente all’interno del carcere dai primi anni ‘80, che «in stretta collaborazione con la direzione carceraria presta assistenza e dà riposte ai bisogni pratici dei detenuti» dice una delle volontarie.
All’esterno c’è il lavoro importante svolto dalla cooperativa sociale “Ut Unum Sint”, che fa capo a don Piero Borrotzu, mirato a favorire e promuovere inserimenti socio lavorativi presso Aziende agro pastorali, laboratori artigianali, accompagnando i beneficiari con azioni educative e di prevenzione. «Il nostro obiettivo è la giustizia riparativa» - spiega don Borrotzu - «abbiamo provato ad entrare in carcere spiegando che se un morto non può risorgere si può rimediare il danno prodotto dal reato. Perché è questo l’essenziale per una vera, consapevole e utile ripartenza di vita. È un danno per tutti se dopo tanti anni di carcere la persona esce incattivita. La pena anche per coloro che sono lontani dalla libertà deve essere più umana». Dice ancora don Borrotzu: «Un soggetto che compie un reato non è solo quella parte di sé. Che ce ne facciamo di uomo che lasciato solo dopo tanti anni esce dal carcere senza consapevolezza? Nella giustizia riparativa non c’è sconto di pena, devono cambiare prospettiva, cambiare la testa. L’elaborazione del danno e la consapevolezza del reato compiuto sono l’unica possibilità per il reinserimento concreto nella società e in famiglia».
Vi sono inoltre tanti altri aspetti più o meno critici e controversi della Casa Circondariale, che sarebbe auspicabile affrontare in Consiglio Comunale, dando alla comunità del nuorese un bel segnale di presa in carico di una realtà complessa e restituendo visibilità ad un pezzo della città.
Come dice Antigone, l’Associazione per i diritti e le garanzie nel sistema penale: «Il carcere è parte del territorio su cui insiste; non è un corpo estraneo da rimuovere dalla vista e dalla coscienza. Occorre anzi che le amministrazioni locali tengano in considerazione la sua presenza nel territorio, avendo cura di adottare politiche e misure che possano aumentare le possibilità di comunicazione tra il fuori e il dentro. Solo impendendo che il carcere venga rimosso dal nostro vissuto di cittadini, è possibile permettere che aumentino le possibilità che la pena non sia un mero momento di esclusione, ma diventi un reale strumento di reinserimento sociale di chi vi è per un periodo di tempo ristretto. Il reinserimento sociale è lo scopo della pena, abbatte la recidiva e rappresenta uno strumento di sicurezza».
Cliccando qui è possibile scaricare e consultare la relazione della Commissione Diritti civili di Progetto per Nuoro.
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